Per interpretare i concetti progettativi inseriti nella realizzazione delle “Lancia Marino Formula 1” e la “Barchetta-Sport” occorre ricordare l’esperienza e il vissuto di Marino Brandoli, conosciuto nel mondo automobilistico semplicemente come “MARINO”.
Marino Brandoli nasce a Modena nel 1908 e fin da bambino è attratto dal mondo dei motori, dalla velocità, dal mistero della meccanica. La passione è tale che all’età di 14 anni frequenta a Bologna il corso per ottenere la patente di conduttore caldaie a vapore; questo significa per lui la possibilità di guidare le locomotive da cui è attratto: passa lungo tempo nelle stazioni o nei tratti di campagna dove transitano alla massima velocità (i macchinisti curano a tal punto le loro “belve” che ogni giorno scommettono sui risultati del “miglior tempo” da stazione a stazione, alle volte non rispettando le norme di sicurezza già regolamentate).
Con l’ottenimento della patente, consente alla famiglia di rendere operativa la mietitrebbia importata da pochi mesi dagli Stati Uniti.
Dopo pochi anni, dimostrata la passione viscerale per quel mondo, viene assunto dalla casa costruttrice di auto da corsa e sportive “Fratelli Maserati” e viene inserito nel reparto “Sala Prove” dove si cimenta per acquisire le basi nel campo tecnico motoristico e metallurgico. Frattanto partecipa con buoni risultati a gare con motociclette da lui elaborate sia nella parte sospensioni che motoristica. Migliora la propria esperienza passando al “Reparto Corse” della “Maserati” (che poi diventerà di proprietà della Famiglia Orsi), entra in contatto con i migliori progettisti dell’epoca e i più famosi piloti.
Successivamente viene assunto dalla “Ferrari” dove cercherà di mettere in pratica le prime rudimentali tecniche di metodologia dei processi di preparazione, delle prove di collaudo e messa a punto dei bolidi, all’assistenza alle vetture nonché a quella dei piloti durante le gare.
Prosegue con un periodo all’ ”Auto Union” dove presta le proprie esperienze nell’ambito delle vetture che vengono realizzate per primati di velocità; entra così nel nuovo mondo delle leghe in sostituzione degli acciai per ottenere migliori performance alla resistenza e riduzione dei pesi e delle conoscenze aerodinamiche applicate già da anni nel settore aeronautico.
Al ritiro dalle corse dell’ ”Alfa Romeo”, parte delle vetture vengono assegnate alla “Ferrari” e parte vengono rilevate dalla “Scuderia Subalpina” fondata da Marino Brandoli con il conte Della Chiesa e il barone Mazzonis.
I continui miglioramenti tecnici alle vetture, l’acquisizione di una miglior organizzazione sulle piste, l’utilizzo delle sinergie e dei compromessi derivanti dall’interazione tra piloti, auto, pista, ottengono (da privati) buoni risultati, facendo correre giovani e impetuosi piloti sulle piste di tutta Europa.
Nel 1939 Marino si trasferisce a Torino dove inizia una serie di collaborazioni con la “Fiat”sia per il successivo sviluppo nel settore sportivo sia in quello innovativo militare.
Durante la guerra mette a punto i sistemi per l’ottenimento di “gas” derivati dalla carbonella: i cosiddetti “gasogeni”. Nell’officina di corso Peschiera assembla e modifica i veicoli per l’ottenimento del collaudo e per la messa sul mercato. Organizza la distribuzione nel nord e nel centro Italia.
Nell’immediato dopoguerra collabora alla messa a punto della 1100 Sport costruita alla “Fiat Lingotto” e partecipa a numerose gare tra cui la “Mille Miglia” del 1946 con Luigi Della Chiesa.
Collabora con la “Cisitalia” e con il progettista Dante Giacosa per mettere a punto il primo sistema di frizione-cambio a preselezione di tipo meccanico sulle monoposto con cui parteciperà a innumerevoli gare.
In pochi mesi realizza una vettura monoposto con organi meccanici derivati da vetture “Fiat” e con motore “Maserati 1500” (senza compressore, per rispondere ai regolamenti delle cilindrate) e partecipa alle corse di vari circuiti. La “Fiat Maserati Marino” viene guidata anche dall’amico Bracco con notevoli successi.
Sempre nel 1946 realizza la “Testa Marino” sia per le vetture “Turismo” che per “Sport-corsa” e venduta in kit (con annesso collettore, carburatore, e collettore di scarico) ai più importanti preparatori italiani e distribuita sul mercato in oltre 5.000 sistemi. Venne dato l’appellativo di “Testa delle Vittorie” per le stagioni 1947-1948-1949.
Collabora inoltre al compimento del progetto “Fiat Turbina” che vide la luce con la concretizzazione delle prove ufficiali nei primi mesi del 1954.
Nel 1950 realizza la “Berlinetta Fiat Marino” con motore 750 cc. e nel 1951 con motore 1100 cc. Con alcuni tecnici mette a frutto tutta l’esperienza acquisita negli anni – come l’applicazione del principio «effetto suolo» - che consente, con l’ottenimento delle performance delle sospensioni, risultati eccezionali alla tenuta in curva e per la velocità.
Dal motore 750 cc – derivato dal basamento “Fiat 1100 cc” - vengono ottenuti eccellenti risultati con regimi in sicurezza a 7800/8200 giri.
Il telaio venne progettato al fine dell’ottenimento della deformabilità progressiva e costruito con tubi al molibdeno di provenienza aeronautica (lo stesso Marino si salva, dopo un’uscita di strada, riuscendo a dirigere la vettura contro una montagna e andandoci a cozzare frontalmente ad oltre 130 Km/h.).
Nel 1953 realizza una “Barchetta” e come designer si affida all’amico Giovanni Michelotti con la visione di immettere sul mercato sportivo una piccola serie di vetture.
Le caratteristiche d’insieme della vettura portano ad ottimi risultati, tant’è vero che alla prima uscita nella gara “Aosta-Gran San Bernardo” ottiene il primo posto di categoria.
Un innovativo accorgimento adottato da Marino sulla vettura fu quello di portare la bocca d’immissione dell’aria al carburatore a portata di mano del pilota che, regolando manualmente la valvola diffusore, consentiva di regolare (attraverso l’orecchio sensibile e acuto del pilota) il numero di giri riducendo al minimo la perdita di potenza (con il variare dell’altitudine occorre variare la portata di immissione dell’aria per non ridurre il numero di giri del motore). Nelle corse in salita, in condizioni normali, la perdita di potenza può raggiungere l’ordine del 40%.
Con Dante Giacosa e Lucio Rapi partecipa alla messa a punto del progetto e le prove della Fiat 8V con cui effettua diverse gare.
Verso la fine dell’estate 1953 a Marino venne l’idea di sviluppare due progetti per “Vettura Formula 1 e Sport”. Con alcuni amici e collaboratori associano le esperienze e i punti forti di tanti anni di realizzazione di svariati progetti di cui non tutti citati e definiscono un profilo di missione così articolato: realizzare due vetture con parti e componenti unificati tenendo conto delle differenze dei due modelli; progettare con possibilità di riprodurre in piccola serie; prevedere la possibilità degli aggiornamenti (es. sostituzione del tipo di motore); utilizzare materiali idonei e di minor peso; realizzare un telaio robusto atto a migliorare la sicurezza del pilota sia in ottica passiva che attiva (in quel periodo le applicazioni ora normalmente utilizzate e in continua evoluzione, erano agli albori); utilizzare componenti (es. cuscinetti, guarnizioni, o-ring, premistoppa ecc.) dal mercato o accedere ai ricambi delle auto di produzione (dopo averne verificata l’idoneità) al fine di ridurre i tempi di progettazione e di acquisizione nonché ottimizzare i costi, compresi quelli successivi di sostituzione; utilizzare motori di base produttiva ma con caratteristiche di idoneità per la loro evoluzione o trasformazione, di limitati costi, robusti e di limitata manutenzione per la loro intercambiabilità o revisione. Anche il differenziale, il cambio e la frizione dovevano essere reperiti dal mercato e resi idonei all’uso; per i freni si era nella fase di passaggio al tipo a disco ma non ancora sufficientemente sperimentati per cui fu prevista a progetto la possibilità di essere applicati successivamente “in particolare quelli anteriori”. Per quanto riguarda le sospensioni, pur essendo state definite delle caratteristiche generali, venne lasciato libero arbitrio, purché consentisse alle vetture di ottenere il massimo dell’affidabilità, della maneggevolezza e capacità di adattabilità ai vari e differenti percorsi.
In quegli anni Marino aveva avuto rapporti con i famosi progettisti Iano, Fessia ecc. di cui aveva grande stima e che collaboravano con la “Lancia” e avendo nella sua squadra corse diverse vetture di tipo B20 di cui ne ammirava le qualità, decise di adottarne la meccanica di base pur sapendo che la potenza del motore in rapporto alla competitività e all’evoluzione che si presentava era un punto debole ma contava sulla possibilità di ottenere dalla stessa “Lancia” il motore della D24. La decisione di ritirarsi dalle corse da parte di “Gianni Lancia” e del suo Consiglio di Amministrazione, non consentì di ottenere i motori (si dovette assistere alla frantumazione di quelli a magazzino).
La scelta del designer ricade sul bravissimo Giovanni Michelotti che realizzerà in breve tempo il progetto, tenendo conto della possibilità di adattamento delle modifiche meccaniche, dell’esperienza negli anni accumulata sulle tematiche aerodinamiche, realizzando delle linee che risulteranno accattivanti e nello stesso tempo aggressive, eleganti e idonee all’uso.
Nel 1954 vengono progettate e realizzate le “Lancia Marino” e nella primavera dell’anno successivo parteciperanno alle gare di corsa in salita sui circuiti nazionali, mettendosi in evidenza per le doti progettuali e realizzative. Le vetture corrono per due anni.
Alla fine del 1957 Marino decide di ritirarsi dal mondo sportivo e inizia la collaborazione con una serie di imprese italiane e internazionali che sviluppano le proprie attività d’innovazione anche nel settore automobilistico e nell’anno 1958 fonda una compagnia con la missione di progettare e produrre componenti di sicurezza automobilistici.